mercoledì 18 gennaio 2012

Indignazione a domicilio

Noi siamo da secoli 

Calpesti, derisi, 
Perché non siam popolo, 
Perché siam divisi. 
Raccolgaci un'unica 
Bandiera, una speme: 
Di fonderci insieme 
Già l'ora suonò. 

Anno 2012. La crisi economica mondiale incalza, l'Italia arranca. 
Di fronte alle difficoltà parecchie coscienze riemergono dal sonno, rivelando tempi di reazione non certo pimpanti: 17 anni per accorgersi dei reali disastrosi effetti dei vari conflitti d'interesse della classe politica; 12 edizioni del Grande Fratello, programma dal discutibile merito di aver sdoganato definitivamente  l'inettitudine come primo criterio di "meritocrazia televisiva"; 4 anni per arrivare - ultimi nel mondo - a credere all'esistenza stessa di quella crisi quotidianamente universalmente sperimentata. 
Ecco. E adesso che ci siamo finalmente arrivati? Dov'è la rivoluzione? Dove le piazze, dove i cortei? 
Dove sono gli italiani? 
A casa, naturalmente, incollati a monitor e televisori ad indignarsi per il comandante Schettino, protagonista inconsapevole - ma non incolpevole - dell'ultimo nuovo reality show italiano. 
L'indignazione è un sentimento molto nobile, purifica il sangue e ci fa sentire migliori, talvolta anche di noi stessi oltre che del prossimo, ma non basta a modificare la realtà. Allora meglio indirizzarla verso la mamma di Cogne, l'americana sexy del delitto di Perugia, i coniugi di Erba, gli intrighi dei parenti serpenti di Sarah e via giudicando, tra delitti ed emergenze, purché sia a domicilio. 
Dello scandalo della politica, dello sfacelo sociale, del massacro economico al massimo se ne parlerà con toni severi e compassati in ufficio, o con espressioni colorite al bar, in treno, sull'autobus, in metropolitana o all'angolo di casa col vicino. Scendere in piazza no, perché sinceramente "condivido, ma ho altro da fare: devo arrangiarmi, che se non ci penso io a me stesso chi ci deve pensare?". Magari lo Stato? Uno Stato che funzioni realmente? Che offra finalmente quei servizi per cui tanto paghiamo? 
Ecco. Non so se gli italiani abbiano capito realmente cosa sia lo Stato, di certo non hanno afferrato chi sia. 

2 commenti:

  1. La percezione di Stato la si ha quando lo Stato risponde alle necessità. Oppure quando lo stato ci fa comunque percepira che lo sta facendo. Dopo anni di questa seconda strada ci troviamo in un momento in cui o ci smarriamo del tutto.... o puntiamo decisi sulla prima!

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    1. Il punto fondamentale è la rassegnazione dei cittadini, la convinzione che il sistema non possa cambiare. Ma abbiamo già visto che quando l'opinione pubblica si fa sentire, riesce a intervenire sull'agenda politica del Paese. Ma non si governa con le opinioni, bisogna trasformarle in azioni.
      Perché lo Stato possa cambiare, occorre che prima cambino gli italiani. La responsabilità è nostra, siamo noi che accettando di tutto con rassegnazione, avalliamo tacitamente ogni nefandezza.

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