venerdì 27 gennaio 2012

Vi comando queste parole, il monito di Primo Levi

SE QUESTO E' UN UOMO

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no
Considerate se questa è una donna
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno

Meditate che questo è stato
Vi comando queste parole
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via
Coricandovi alzandovi
Ripetetele ai vostri figli

O vi si sfaccia la casa
La malattia vi impedisca
I vostri nati torcano il viso da voi.

Oggi, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria, dedicato dalla repubblica italiana al ricordo della Shoah, proprio nella data dell'apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, simbolo della più grande atrocità mai commessa dall'uomo nei confronti di un altro essere umano. E questo è quello che si sa. 
Nelle scuole migliaia di ragazzi si staranno scervellando sul tema: fino a che punto può spingersi la malvagità umana? Quanto era cattivo Hitler?
Ma siamo sicuri che la colpa sia imputabile ad un unico, stupido, patetico uomo? 
Ora se fossi una giornalista, scriverei più o meno così: "Senza scomodare Hannah Arendt" e giù coi miei bla bla bla. Ma io parto dal presupposto che non tutti coloro che leggono sappiano chi sia la Arendt, nè cosa abbia detto di importante, perciò voglio scomodarla. Perché il punto focale non può restare il solo ricordo dell'orrore della deportazione, dell'annientamento della persona, della barbarie dello sterminio. Bisogna indagare le ragioni che hanno portato a questo annichilimento della Ragione.
Filosofa e pensatrice politica, Hannah Arendt ha elaborato due saggi dalla rilevanza imprescindibile per chi voglia comprendere come esso sia stato possibile. Il primo, "Le origini del totalitarismo", risale al 1951 ed è il risultato di accurate analisi storiche e filosofiche su questo fenomeno nato dall'avvento della società di massa e diffusosi grazie alla formulazione delle "ideologie", che agiscono facendo leva sull'estraneazione sociale dell'individuo, sul suo sentirsi isolato, sradicato, superfluo.
Riguardo il nazismo, la Arendt sostiene si fondi su una serie di elementi sviluppati precedentemente e poi amalgamati nel regime totalitario. 
Scrive infatti: "Dietro ciascuno di questi elementi si nasconde un problema irreale e irrisolto: dietro l'antisemitismo, la questione ebraica; dietro il decadimento dello Stato nazionale, il problema irrisolto di una nuova organizzazione di popoli; dietro il razzismo, il problema irrisolto di una nuova concezione del genere umano; dietro l'espansionismo fine a se stesso, il problema irrisolto di riorganizzare un mondo che diventa sempre più piccolo, e che siamo costretti a dividere con popoli la cui storia e le cui tradizioni sono estranee al mondo occidentale. "
Questi elementi mi sembrano troppo attuali per licenziarli con una scrollata di spalle, considerandoli superati. Il rischio di cadere nuovamente nella tentazione del dittatore decisionista e fattivo è troppo alto, soprattutto nella situazione di straordinaria crisi in cui viviamo. 
L'altro saggio, edito nel 1963, parte dalle considerazioni dell'autrice sul processo del criminale nazista Eichmann, coordinatore a livello europeo delle operazioni di trasferimento dei deportati verso i campi di concentramento e di sterminio. La Arendt era stata colpita dall'aspetto assolutamente normale di quell'uomo, il quale non corrispondeva affatto all'immagine demoniaca che ci si sarebbe potuti aspettare. Da questa considerazione ha origine l'indagine filosofica sulla "facoltà di pensare" dell'essere umano, sulla capacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, la facoltà di giudizio morale. La maggior parte dei criminali nazisti dunque non era né sadica, né perversa e neppure stupida: obbediva ciecamente e acriticamente agli ordini ricevuti, accogliendoli nella sua "terribile normalità". 
Senza dilungarmi troppo, penso di poter riassumere il concetto cui intendevo arrivare con una semplice frase: la capacità di pensare previene il male. Per cui in questo giorno, così importante, occorre non solo ricordare, perché i nostri figli sappiano e ricordino a loro volta; occorre riflettere, fare anche un esame di coscienza. Siamo diversi noi, che quando vediamo immagini di guerra, quando leggiamo articoli sulle violenze e le prevaricazioni di certi Paesi su popolazioni inermi, le consideriamo tristi, sì, ma inevitabili; siamo diversi noi da coloro che durante il regime non presero parte attivamente ai rastrellamenti e alle angherie, e tuttavia non si ribellarono?
Il male non è morto con Hitler. Ricordare affinchè simili atrocità non accadano mai più non basta: simili atrocità accadono ogni giorno. 

Restiamo umani (cit.).



mercoledì 25 gennaio 2012

Quando il Paese si muove

Strano. Stiamo vivendo una stagione singolare: ogni giorno ci propone una metafora, come se il caso e la natura avessero deciso di farci aprire gli occhi sulla disastrosa situazione italiana. 
Prima c'è stato il maltempo, le esondazioni, il fango. 
Ultimamente il naufragio della lussuosa nave da crociera, con i suoi ricconi, gli pseudo-vip, la gente comune con ancora in tasca i cocci del salvadanaio, i lavoratori, gli sfruttati. Tutti in pericolo, tutti sulla stessa barca. Oggi il terremoto nel nord Italia. Che sia il rombo dei motori dei tir in marcia?
Dopo decenni di immobilismo, qualcosa sta cambiando. 
Il Gattopardo fiuta l'aria, ha paura. Tutti siamo spaventati nel Paese del "nessuna nuova, buona nuova".
Eppure sapevamo che sarebbe successo. Che doveva succedere. 
Dal mio personale punto di vista le proteste dei lavoratori e degli scontenti sono giuste e sacrosante; compito dei media è diffonderle e amplificarle perché le loro voci giungano al governo, il quale a sua volta ha il dovere di tenerle in considerazione e agire di conseguenza, cercando il giusto compromesso. Approvo le forme di protesta intelligenti, misurate, puntuali; comprendo anche le più becere, sebbene le ritenga più dannose che utili alla causa; sono felice che la stampa stia faticosamente riprendendo la sua funzione di cane da guardia dell'informazione; sono grata che esista il web, sebbene non sempre usato nel modo migliore. 
Tuttavia per ora non credo sia corretto tracciare un bilancio sull'operato del governo. 
Ci sono stati degli errori, fisiologici quando ci si occupa di questioni così delicate, ma va comunque apprezzato l'impegno. 
Mi aspettavo sconquassi sin dai primi giorni d'insediamento e resto perplessa a guardare stormi di anime candide cadere dalle nuvole, come se Monti o chi per lui (ci fossero anche state le elezioni), avessero la bacchetta magica per risolvere le famose "annose questioni" italiane nel lasso di un'ora o due.
Sarà che sono un'inguaribile ottimista, ma non vedo un reale pericolo nelle liberalizzazioni, quanto una seria opportunità di crescita (fra tutte le proteste a riguardo, condivido unicamente quella dei tassisti, per i quali e insieme ai quali in ogni caso credo si possa studiare una soluzione). 
Per me questo governo ha attualmente all'attivo tre grandi meriti: l'aver ricondotto l'attenzione dell'opinione pubblica su temi tecnici; l'aver inaugurato una serrata lotta all'evasione (che non si mette in pratica  necessariamente introducendo nuove leggi, ma molto semplicemente vigilando su quelle già in vigore, per quanto sicuramente migliorabili, e soprattutto criticandola pubblicamente ed aspramente: non vezzeggiandola e giustificandola come eravamo abituati a subire); infine l'aver focalizzato l'obiettivo primario di risanare il bilancio, premessa fondamentale per far partire la ricostruzione. 
Staremo a vedere. 
Intanto il Paese inizia a muoversi. In tutti i sensi. 



giovedì 19 gennaio 2012

Reato di stupidità

Leggo oggi la notizia della chiusura delle indagini riguardo il caso di tre ragazzi che su Facebook avevano aperto il gruppo "Falcone e Borsellino falsi eroi", chiuso a marzo del 2010 in seguito alle segnalazioni di alcuni utenti. Qualora dovessero essere rinviati a giudizio, i tre, rispettivamente 25, 27 e 28 anni,  risponderanno davanti ai magistrati di Palermo di istigazione a delinquere e diffamazione aggravata. 
Gli indagati, celati dietro gli pseudonimi di "Stella della senna", "Jan Morpheus VII" e "Andrea Gaido Natalizio", avevano diffuso nel social network molteplici insulti alla memoria dei due giudici antimafia, corredati da immagini poco edificanti (fra le altre, una di Falcone fotoshoppato con un occhio nero e la scritta BANG sul petto) e commenti contro le loro origini meridionali: "Due terroni in meno". 
A mio modesto parere, la faccenda si concluderà con un nulla di fatto, perché - mio malgrado - nell'intera legislazione italiana non è previsto il reato di stupidità, tanto meno quello di ignoranza. La libertà di pensiero e quella di espressione invece - e qui devo dire per fortuna - vengono garantite dalla Costituzione, per quanto stupido possa risultare il pensiero espresso. 
Ignorare gli ignoranti, questa è la giusta pena, il contrappasso. Trattare gli stupidi da stupidi. Il che dovrebbe valere - va da sé - in ogni ambito della nostra vita, non soltanto online. 
Imparare a riconoscerli sarebbe un buon allenamento... ad esempio per non ritrovarcene pieno il Parlamento.

mercoledì 18 gennaio 2012

Indignazione a domicilio

Noi siamo da secoli 

Calpesti, derisi, 
Perché non siam popolo, 
Perché siam divisi. 
Raccolgaci un'unica 
Bandiera, una speme: 
Di fonderci insieme 
Già l'ora suonò. 

Anno 2012. La crisi economica mondiale incalza, l'Italia arranca. 
Di fronte alle difficoltà parecchie coscienze riemergono dal sonno, rivelando tempi di reazione non certo pimpanti: 17 anni per accorgersi dei reali disastrosi effetti dei vari conflitti d'interesse della classe politica; 12 edizioni del Grande Fratello, programma dal discutibile merito di aver sdoganato definitivamente  l'inettitudine come primo criterio di "meritocrazia televisiva"; 4 anni per arrivare - ultimi nel mondo - a credere all'esistenza stessa di quella crisi quotidianamente universalmente sperimentata. 
Ecco. E adesso che ci siamo finalmente arrivati? Dov'è la rivoluzione? Dove le piazze, dove i cortei? 
Dove sono gli italiani? 
A casa, naturalmente, incollati a monitor e televisori ad indignarsi per il comandante Schettino, protagonista inconsapevole - ma non incolpevole - dell'ultimo nuovo reality show italiano. 
L'indignazione è un sentimento molto nobile, purifica il sangue e ci fa sentire migliori, talvolta anche di noi stessi oltre che del prossimo, ma non basta a modificare la realtà. Allora meglio indirizzarla verso la mamma di Cogne, l'americana sexy del delitto di Perugia, i coniugi di Erba, gli intrighi dei parenti serpenti di Sarah e via giudicando, tra delitti ed emergenze, purché sia a domicilio. 
Dello scandalo della politica, dello sfacelo sociale, del massacro economico al massimo se ne parlerà con toni severi e compassati in ufficio, o con espressioni colorite al bar, in treno, sull'autobus, in metropolitana o all'angolo di casa col vicino. Scendere in piazza no, perché sinceramente "condivido, ma ho altro da fare: devo arrangiarmi, che se non ci penso io a me stesso chi ci deve pensare?". Magari lo Stato? Uno Stato che funzioni realmente? Che offra finalmente quei servizi per cui tanto paghiamo? 
Ecco. Non so se gli italiani abbiano capito realmente cosa sia lo Stato, di certo non hanno afferrato chi sia.